Viaggiare, sono sicuro che non significhi: arrivare in un luogo e fermarsi lì… nella stessa spiaggia, nello stesso posto per due settimane o per quanto dura una vacanza. Al contrario, sono certo che voglia dire, scrutare: città, quartieri, strade, monumenti, edifici, parchi, che hanno fatto la storia o la origineranno… Un viaggio è un momento per scovare tali luoghi, colori, sapori, persone che ci vivono e/o curiosano. Questo è solo un mio umile pensiero che potrà trovarvi in accordo oppure no. Un viaggio di oltre 2650 km col maggiolone del 1973 di Pollo (Paolo Palumbo, conducente) e Cima (Roberto Cimarosa, navigatore) alla volta dell’Est Europa. 10 agosto 2012, dopo aver caricato borse, borsine e fatto pieno di GPL… siamo partiti alle 9:30 dall’Italia per spostarci direttamente verso Lubiana, la nostra prima tappa di questo viaggio verso le regioni dell’est Europa.
Tutti erano scettici e ci hanno un po’ “iellato” sulla buona uscita di questo viaggio, fuori dal normale, con un maggiolone del 1973. Arrivati a Lubiana, verso le 17… ci siamo subito organizzati alla ricerca di un B&B o qualcosa di simile, comunque un luogo dove dormire. Dopo un giro per 3-4 B&B, tutti full, siamo tornati al primo che avevamo visto, ma che per noi era chiuso…. Perché nessuno rispondeva al campanello e nemmeno al nostro bussare insisto. Sapete, non è stato così semplice… perché se non fosse arrivato un ragazzo gentilissimo, dicendoci che l’ingresso era spostato poco più in là, oltre all’impalcatura che usavano per la manutenzione della facciata in quel periodo… forse saremmo ancora lì davanti, al Guesthouse Stari Tisler (www.stari-tisler.com), a bussare e a suonare il campanello dell’ingresso sbagliato… vabbé! Pensiero di Pollo: “Sì, ma anche Voi se scrivete le “cose” solo ed esclusivamente in sloveno, come fa la gente a capire?! Almeno in inglese, no?!” Ebbene, prendiamo possesso della camera, con bagno in comune ma pulitissimo… lasciamo la macchina parcheggiata di fronte all’ingresso del B&B, consigliatoci dalla ragazza alla reception, che ci rassicura sulla tranquillità della zona, visto la vicinanza della stazione di polizia. Dopodiché, usciamo abbastanza in fretta per un giro e comprare un paio di scarpe da tennis, per me (Cima) che ero rimasto senza appena prima della partenza. Arriviamo nel bel centro di Lubiana: vivace, allegro, dinamico… E come tutte le città con l’acqua, guadagna punti rispetto ad altre città. Pensiero di Cima: “Le città con l’acqua hanno tutto un altro fascino”. Tornando al B&B, ci fermiamo in un pub inglese, che avevamo già adocchiato in precedenza, insomma ci fermiamo per un aperitivo con un guinness da € 3,5, (da noi, sarebbe costata almeno €5), è già da qui, che notiamo la differenza con i costi della vita rispetto all’Italia… e allora ci confortiamo e rassicuriamo sulla buona scelta della nostra pazza idea di viaggio… al risparmio, ma sempre e comunque on the road.
Verso sera, ci spostiamo nel centro storico in stile barocco e Art Nouveau, per noi era semplice, bastava scendere da Kolodvorska ulica (dove si trova Guesthouse Stari Tisler) e in pochi minuti siamo a Prešernov trg, la piazza centrale di Lubiana. Si tratta di un punto d’incontro importante dove concerti, artisti di strada, eventi sportivi, fatti politici e altri tipi di vicendehanno luogo… che si espande oltre con Tromostovje (gruppo di tre ponti sul fiume Ljubljanica) che collegano la Lubiana storica, medievale su una sponda, alla città sull’altra.
Per una cena sfiziosa a base di pesce, ci spostiamo al bar-ristorante Konoba in Stari trg (una via piena di ristorantini e bar, con sedie e tavoli letteralmente in mezzo alla strada…) in sostanza di sotto il castello “Ljubljanski Grad”, imponente fortezza medievale, sulla collina di Grajski grič in mezzo a Lubiana, si trova nei documenti con il nome di Laybach già nel 1144, l’immagine di oggi prese invece nel XVI secolo. Al posto dell’antica torre Stolp Piskačev costruì nel 1848 la torre panoramica con l’orologio. Da Ljubljanski Grad, facilmente raggiungibile con la funicolare oppure tra i vari sentieri che si diramano sulla collina, c’è il belvedere sull’intera città, dei dintorni e delle Alpi di Savinja.
L’indomani, carichiamo il mitico maggiolone, lasciandolo parcheggiato di fronte al B&B… e dove un signore che stava lavorando proprio al B&B della notte appena trascorsa… ci domanda un po’ di tutto sul maggiolone (anno, dove ha il motore, ecc)… andiamo a far colazione e poi iniziamo il tour di Lubiana. Passiamo per Novi trg per poi tornare verso piazza Mestni Trg con la fontana ispirata a Piazza Navona a Roma e la Cattedrale di San Nicola…
Arriviamo a Zagabria nel tardo pomeriggio di sabato, ci dirigiamo nella piazza centrale della città e dove c’è anche l’ufficio informazioni. Ebbene, entriamo, chiediamo informazioni, (ma la “scienziata”, com’è stata etichettata da Pollo) ci indica sulla cartina, solo esclusivamente, dove ci sono i pochi Ostelli… senza darci la possibilità di poter prenotare da qui o domandando lei, direttamente, la disponibilità per questa notte. Va bene, ne prendiamo atto e ci spostiamo da Trg Bana Jelaćiča, verso Tkalčićeva, consigliatoci dalla “scienziata” e dove c’è un paio di ostelli. Dopo che il primo a Tkalčićeva 37 non ci risponde nessuno… proseguiamo in questa via pedonale, verso fuori… e arriviamo al numero 82 di Tkalčićeva… dove entriamo e troviamo posto per una stanza singola con aggiunta di un letto supplementare… e forse per questo che la ragazza alla reception, invece di farci pagare come doppia… paghiamo solo 250,00 Kune (al cambio sono poco più 33 euro, ovviamente da dividere in due… questo vuol dire che per dormire abbiamo pagato solamente poco più di 16 euro a testa) all’hotel Taban Hostel (www.tabanzagreb.com), economico a una stella dotato di ogni confort a pochi minuti a piedi dal centro della città. Per cena, rimaniamo su Tkalčićeva (una delle vie più allegre e movimentate con bar caffè e ristoranti che si susseguono sui lati della strada senza soluzione di continuità), per fermarci al ristorante “BELA” Mikina Klet a Tkalčićeva 59 (dove degustiamo un bel piattone a base di carne, tipico croato… eccezionale e con un bassissimo prezzo… favoloso). Il giorno dopo, iniziamo il nostro giro di Zagabria (in croato Zagreb) dalla vicina Cattedrale di Zagabria. La Cattedrale dell’Assunzione della Santissima Vergine Maria a Zagabria è un edificio in stile neo-gotico, considerato uno dei simboli della città di Zagabria, con i suoi 105 metri d’altezza è l’edificio più alto della capitale croata e di tutta la Croazia. I lavori di costruzione della cattedrale iniziarono nel 1093, i tatari la distrussero nel 1242. Alla fine del XV secolo i turchi ottomani invasero la Bosnia e la Croazia e costruirono delle fortificazioni intorno alla cattedrale alcune delle quali rimangono tuttora. Nel 1880 un terremoto provocò seri danni all’edificio, il restauro fu guidato dall’architetto Hermann Bollé che le diede la forma attuale. Da Kaptol che è il nome della piazza ma anche dell’intero quartiere, che ospita al centro la maestosa cattedrale con i campanili gemelli. Al centro della piazza, un’originale fontana: in cima la statua dorata della Madonna, alla base quattro figure di angeli, anch’esse dorate, che rappresentano i valori cristiani della Fede, della Speranza, dell’Innocenza e dell’Umiltà.
All’arrivo sulla piazza Trg Bana Jelaćiča, troviamo di passaggio dei “personaggi” a metà fra il religioso e il popolare… Trg Bana Jelaćiča, è la piazza principale di Zagabria, rappresenta il centro della città, sia dal punto di vista geografico che simbolico. Si trova, infatti, al confine fra la città alta medievale e quella bassa asburgica ottocentesca. Una piazza strana, rettangolare, su cui si affacciano palazzi dalle diverse fogge e realizzati in periodi differenti. Su uno dei suoi lati sferragliano i tram ed è circondato da parchi e da mercati. In mezzo, la statua di Ban Josip Jelačić, una figura importante e ammirevole nella storia croata, da cui prende il nome anche la piazza.
Infatti, ci spostiamo verso la stazione ferroviaria, considerata una delle più belle stazioni dell’’Europa, sud-orientale può vantare. Lo stile architettonico è storicista e presenta numerosi ornamenti e statue. La bellezza dell’edificio è ulteriormente esaltata dalla splendida piazza su cui si affaccia, Tomislavavov trg, da cui partono i viali che conducono al centro storico della città, al centro ampi e curati giardini e spazi verdi. Di fronte alla stazione ferroviaria, appare la statua del sovrano medievale croato Tomislava, cui è stata dedicata anche la piazza. Alle spalle del monumento equestre, si apre un immenso parco, su cui si affacciano gli edifici asburgici dei viali laterali e il palazzo giallo del Padiglione artistico. Dipinto di giallo, si staglia su piazza Kralja Tomislava con la sua mole possente, di stampo asburgico. La piazza è proprio una festa per gli occhi, in particolare in primavera-estate, quando le aiuole curatissime sono fiorite e i giovani croati trascorrono le ore seduti a chiacchierare sull’erba.
Prendiamo mihanovićeva, per andare verso il giardino botanico, Botanički vrt, è di cinque ettari di superficie e circa diecimila specie di piante locali e tropicali conservate: il giardino botanico di Zagabria è immenso e può costituire una passeggiata alternativa al girovagare fra palazzi, chiese e musei della città. Luogo ideale soprattutto per una fuga dall’afoso centro storico durante le giornate estive.
Fondato nel 1889, rappresenta un’oasi di tranquillità, alle spalle dell’Archivio Nazionale. Una volta, era la sede della biblioteca universitaria e l’ampia cupola che sovrasta l’edificio ricopre proprio la sala lettura. Prima di salire verso la città alta… sul punto panoramico da Gornji Grad (Città alta)… ci imbattiamo nel Teatro Nazionale Croato, che si staglia in mezzo alla bellissima Piazza Tito, Trg maršala Tita, su un curato manto erboso ed aiuole fiorite. Dall’altra parte della strada si staglia la mole del Museo dell’Arte e dell’Artigianato, in stile neo-rinascimentale.
Quindi, prendiamo la funicolare verso il quartiere Gradec. La lunghezza del percorso in realtà è di soli 66 metri e il dislivello è di poco superiore ai 30 metri, tanto che il tragitto si può compiere facilmente anche a piedi, percorrendo la scalinata a fianco della funicolare e quindi una strada con un tornante che conduce alla città alta. Al termine della passeggiata Strossmayer, proprio accanto alla funicolare, ai piedi della torre di Lotrscak (la campana de ladri) e salendo ancora pochi gradini, si apre un grazioso spazio verde con alcune panchine che guardano alcune casette medievali, da cui si ha una vista della città bassa e sullo sfondo, la Nuova Zagabria con i profili dei suoi grattacieli.
Cuore della città alta medievale, la piazza Markov, ospita tutte le istituzioni politiche con centro la chiesa di San Marco, simbolo di Zagabria, uno degli edifici più rappresentativi di Zagabria e si contraddistingue per le mattonelle colorate che rivestono il tetto, realizzato nel 1880. Sul lato sinistro sono raffigurati gli stemmi della Croazia, della Dalmazia e della Slavonia, su quello destro il simbolo di Zagabria. Il tetto deve la sua fama al gioco cromatico delle tegole, i cui colori bianchi, rosso e blu richiamano quelli della bandiera nazionale. Il portale gotico con 15 figure racchiuse nelle nicchie, è stato scolpito nel XIV secolo. In custodia, le Royal Cravattes, la cavalleria leggera croata nell’esercito reale francese che si distinse durante la guerra di Trent’anni (1618-48).
Tornando verso Tkalčićeva e quindi al maggiolone… ci s’imbatte nel mercato di Dolac, l’anima popolare della città, un originale mercato su tre livelli, realizzato nel 1930 e ancora oggi meta imprescindibile di tutti gli abitanti della città. Da qui, ci spostiamo in direzione stadio Maksimir (in croato Stadion Maksimir), il principale stadio di Zagabria. Qui ci gioca la Dinamo Zagabria.
Ebbene, da qui ci rimettiamo in macchina per andare a Budapest, ma faremo una tappa a Siófok, la Rimini dell’Est (ed effettivamente) sulle rive del lago Balaton. Cerchiamo un posto per la notte, ma prima di trovarlo in Schloss Ramona Hotel (www.schlossramonahotel.neet.hu), Pollo ebbe una discussione in perfetto tedesco bavarese con un’ex spia della Stasi, almeno il signore “anziano” dava questa impressione. Da “Ramona”, e sua figlia “abbondante”, ci siamo trovati bene, come ci siamo sorpresi in positivo a cena da “Dániel Vendéglő”, con un’ottima cena a base di pesce d’acqua dolce, e con il deejay e camerieri che sembravano più ex “protettori” che altro. Il giorno dopo, ripartiti per Budapest (dovevamo spezzare a tutti i costi, la tappa Zagabria-Budapest), e quindi prima di andare in città, facciamo tappa al Memento Park, che si trova ad una decina di chilometri dal centro di Budapest. Il Memento Park è uno spazio a sé, una sorta di “ripostiglio” open-air in cui sono state disposte statue dell’era comunista rimosse dalle strade di Budapest, una tribuna per i comizi dei leader stalinisti e altri souvenir tridimensionali, degli anni bui dal 1945 al 1989. Alla fine degli anni ‘80, quando tutte le dittature comuniste iniziarono a crollare, i cittadini sfogarono anche sulle statue del regime la loro rabbia accumulata in decenni di repressione. Mentre tutti i nuovi governi dell’est si affrettavano a rimuovere dalle strade ogni simbolo dei vecchi regimi, Budapest fece una scelta diversa. Prese tutte le statue e le portò in uno spazio appena fuori dal centro per creare un Memento Park, un Parco della Memoria. Insieme alle statue sono stati raccolti in un piccolo museo, altre testimonianze della vita quotidiana sotto il regime. E’ un piccolo viaggio tra orrore e ironia, in uno dei periodi più tristi della storia ungherese. Subito all’ingresso del Parco, ci accolgono Marx ed Engels ma, soprattutto, i piedi della gigantesca statua di Stalin (8 metri) buttata giù durante la rivolta del 1956 contro l’invasione sovietica. Del monumento che si trovava in Piazza, restano solo i due stivaloni. Un giro nel Parco è un percorso tra i personaggi che hanno fatto la storia del comunismo mondiale: non tutti sono facilmente riconoscibili. Lenin è uno dei protagonisti e si trova in diverse varianti. Solo la testa, piccole statue o gigante che con il braccio alzato indica la direzione verso un futuro comunista. Particolarmente imponenti sono la statua del Soldato Sovietico e il Memoriale della Repubblica dei Consigli. Poi qua e là sono sparsi monumenti alla classe operaia (due mani con una sfera al centro), al rivoluzionario Bela Kun e altri eroi ungheresi.
Dal Memento Park, ci spostiamo verso Budapest centro. Per non farci mancare niente, arriviamo e parcheggiamo vicino al Ponte delle Catene (in ungherese Széchenyi Lánchíd), il ponte più vecchio e indubbiamente anche il più noto di Budapest. Quando fu inaugurato, unì Buda e Pest che allora (e fino al 1873) costituivano due distinte città sulle opposte sponde del Danubio. In precedenza, Buda e Pest erano collegate da un ponte su chiatte che, alla fine della bella stagione, andava smontato per essere poi ricostruito tutti gli anni, sicché le due città non erano direttamente collegate durante l’inverno… Ma l’ufficietto del turismo, improvvisato presente sotto la cittadella, non ci dava molto “sicurezza”… e allora preferiamo salire sulla collina del palazzo reale (dove dalla mappa, ci dovrebbe essere un ufficio informazioni un po’ più serio). Se qui almeno ci sono i muri e le indicazioni a indicare tale ufficio, troviamo un’altra “scienziata”, dopo Zagabria, e ci esprime questo pensiero: “Vi conviene prenotare on-line, e se avete un computer portatile, non ci sono problemi, perché qui c’è il wi-fi”… Grazie, veramente di grande aiuto! Torniamo alla macchina per recupere il computer ed accanto a Halászbástya (Bastione dei pescatori) prenotiamo queste due notti. Troviamo un posto abbastanza economico all’hotel Bara (www.hotelbara.hu), il nome è tutto un programma. Rimane un po’ fuori dal centro, più che altro per il ritorno visto che è sulla collina Gellérthegy (collina rocciosa di 235 metri incoronata dalla “citadella” e dal monumento della libertà). Le sorprese non sono finite, tornando alla macchina e dopo aver fatto un pranzo veloce (poiché non avevamo ancora mangiato), troviamo una signora che fotografava maggiolone (almeno questo che pensavo io, Cima), ma non era così… era un’ausiliaria della polizia municipale, quindi multa che pollo ha provato a farsi togliere, ma non ci fu verso. Prendiamo possesso della camera all’hotel Bara, la stanza era discreta, ma i “km” per arrivarci, tra scale e tragitto all’interno dell’hotel dal garage furono micidiali. Appena in camera, Pollo trova un modo più utile della bibbia (cioè quello di tener aperta la finestra)…
Senza demoralizzarci, scendiamo da Gellérthegy per attraversare il Danubio dal ponte Erzsébet híd (ponte Elisabetta) e arrivare alla Inner City Parish Church, il più antico edificio sul lato Pest della città.
Dal ponte Erzsébet híd, prendiamo una via appena all’interno a quella che costeggia il Danubio, per poi arrivare sulle sponde del fiume di sotto al Széchenyi Lánchíd (ponte delle catene), era all’epoca tra i più lunghi al mondo con i suoi 202 m di lunghezza su campata unica. Il ponte è decorato all’entrata da statue di leoni, sculture che, a dispetto della tradizione, rappresentano il re degli animali senza lingua. Da qui, vediamo sulla sponda di Buda, il tunnel da dove siamo arrivati nella mattinata. Racconta la leggenda che durante la sua realizzazione fu costruito un tunnel per proteggere il ponte durante i giorni di pioggia. Il tunnel si trova giusto di fronte all’entrata del ponte e, a quanto pare, è lungo esattamente come quest’ultimo.

Percorriamo molta strada a piedi, attraversando piazza Erzsébet tér, la più grande area verde nel centro storico di Budapest. La piazza prende il nome da Elisabeth, “Sissi”, moglie del imperatore asburgico Francesco Giuseppe. Nella piazza sorge la Fontana Danubius (Danubius-kút), situata nel centro, simbolo dei fiumi nell’Ungheria. Da quest’area verde, si staglia “la casa Anker”, primo blocco di appartamenti a Budapest, che offriva casa a molte persone (una sorta attuali case popolari). Passando davanti al Teatro dell’Opera, un sontuoso edificio dove sulla facciata trionfano le statue di due grandi compositori, Listzf ed Erkel… capiamo che siamo davvero stanchi e pensiamo di fermarci, vista l’ora, per un aperitivo al Captain Cook Pub, con due birre da 0,5 a solo 4,15 euro (in Italia, nemmeno una si avrebbe)… questo si trova nelle vicinanze dalla Basilica di Santo Stefano (la più grande chiesa dell’Ungheria), la sua grande cupola, alta quasi 100 metri, può essere vista da gran parte della città e al suo interno si trova uno dei tesori più importanti del paese: la mano mummificata di Re Stefano, che le attribuisce nome. Andiamo a cena al “Arany Bárány” (www.aranybaranyetterem.hu) uno dei posti più frequentati di Budapest, nel cuore della città, in via Harmincad utca, che collega la piazza Vörösmarty con la piazza Erzsébet. Un’ottima cena con piatti ungheresi tradizionali, in un’atmosfera da cantina/trattoria, con sotto fondo una piacevole musica zingara. Prima di tornare verso l’hotel, ci fermiamo ancora in piazza Erzsébet tér, dove i locali e i giovani cercano di approfittare del bel tempo fino all’ultimo raggio di sole, in piedi, seduti, sdraiati sulle panche, sull’erba o sul bordo della piscina. Si è fatto tardi, ma prima entriamo nel Blue River Pub. Locale su una chiatta ormeggiata sul Danubio, all’inizio del ponte Erzsébet híd, sul lato di Pest. Prendiamo una birra, eravamo solo noi… ma poi è arrivata una coppia, che ha del vino, lasciamo stare… è un posto con tante potenzialità, ma a quanto clientela non c’era davvero nessuno… tranne noi, anche l’indomani (era diventato il nostro punto di “fiducia”). Sempre che nel frattempo non abbia dichiarato fallimento!
L’indomani, da Gellérthegy “scendiamo e risaliamo” per l’antica Buda, che racchiude splendori come il Palazzo Reale (grande edificio, circondato da giardini, che domina la collina di Buda, fatta di roccia e vegetazione), il Bastione dei Pescatori e la chiesa di San Mattia, ma anche le case vicine al Palazzo Reale sono un’autentica opera d’arte, tutte di differenti colori e di diverse altezze fra loro. Il Bastione dei Pescatori è un posto impressionante, ed è obbligatorio visitarlo se ti trovi nella capitale Ungherese. La sua maestosità e la sua grandezza sono visibili da ogni punto della città, ma quando si è al suo interno, ci si rende realmente conto dell’incredibile posto in cui ci si trova. Il Bastione è stato costruito nel 1905 ed è stato chiamato così perché si trova nella parte delle mura della città, difese dai pescatori della zona, nell’età medioevale. Dall’alto si può avere la migliore vista della città: il Danubio ai piedi, il ponte delle catene e il Parlamento al fondo; oltre ad una meravigliosa vista della parte di Pest. Il monumento ha sette torri che si possono visitare passeggiando tranquillamente al suo interno; la zona è circondata da mura e al suo interno si trovano: il palazzo, un castello e la Chiesa di San Mattia, fra gli altri monumenti. L’insieme evoca una città medievale nella quale sembra che il tempo si sia fermato, per effetto delle mura, dei torrioni e delle strade lastricate. Sono molte le verande del bastione dalle quali osservare la città o riposarsi ammirando le vedute indimenticabili… Dalle stradine di Buda, arriviamo sulle rive del fiume, di fronte al Parlamento che si trova sulla sponda del Danubio dalla parte di Pest. Fu concepito nell’Ottocento per celebrare l’indipendenza degli ungheresi all’interno dell’impero Austro-Ungarico. Il palazzo si distingue per l’enorme sviluppo orizzontale: raggiunge i 268 metri di lunghezza e i 123 di larghezza (per 96 m di altezza). Attraversiamo il Danubio dal ponte Margherita, un ponte di Budapest molto particolare, perché collega non solo i due lati della città, ma anche l’isola Margherita, che si trova nel mezzo del Danubio. Appena finito il ponte, ci troviamo in una zona chiassosa con un sapore autenticamente ungherese, nel centro della città, nelle immediate vicinanze di un magnifico edificio, conosciuto come Stazione Ovest di Budapest.
Costeggiando la ferrovia, arriviamo sull’angolo del Parco Városliget, entriamo dalla piazza degli Eroi, questa è una vastissima piazza progettata per commemorare il millenario dell’Ungheria. Si trova a una delle estremità del viale Andrássy, gli “Champs Elysées” di Budapest. Al centro della piazza si erge una colonna di 36 metri in cima alla quale è posto l’arcangelo Gabriele. Ai piedi della colonna sono raffigurati i capi delle sette tribù magiare che conquistarono il paese. Di là dalla piazza, lasciandosi alle spalle il grande viale Andrássy, si estende un’ampia zona verde: il Parco Városliget, un chilometro quadrato di natura nel centro di Budapest. Oltre ad essere un posto per riposare come abbiamo ben fatto e fare sport, il parco Városliget è un luogo, dove ci sono cose interessanti da vedere tra le quali il Castello Vajdahunyad, prima costruito in legno e poi ricostruito in pietra e s’ispira in una fortezza transilvanica. All’interno del castello c’è una piccola chiesa che si chiama Cappella di Ják e vicino una stata di un anonimo cronista sconosciuto della corte del Re Béla III, che dicono che tutti gli scrittori e aspiranti toccano con la penna per ispirarsi (cosa che avrò fatto io?! Chissà). Per cena ci fermiamo non lontano dal parco, al Kőleves Vendéglő, Kazinczy utca 41 (www.kolevesvendeglo.hu). Un posto che avevamo visto già il giorno precedente e la guida ci consigliava come uno dei ristoranti preferiti dagli abitanti locali con menu vantaggiosi. Dopo cena, ci spostiamo verso il centro, ci fermiamo all’Hard Rock di Budapest, ma notiamo che una birra costa 3-4 volte di più rispetto al nostro pub di fiducia (Blue River Pub), e dopo tentennamenti, decidiamo di tornare dai nostri amici sul Danubio…
L’indomani, ripartiamo verso la Polonia, ma la strada non proprio agevole, ci impone una tappa in Slovacchia. Superiamo il confine ungherese a Észtergom, cittadina sul Danubio, dove domina sul monte la cattedrale del primate.
Dalle pianure appena passato il confine ungherese-slovacco, la strada si fa sempre più in salita, con la vicinanza dei Carpazi. Nel distretto di Levice, nella regione di Nitra in Slovacchia, a ferragosto, pranziamo al Gastrocentrum di Kalná Nad Hronom al prezzo di € 7,60 in due: con zuppa, bistecca impanata ripiena e una birra a testa. La curiosità è il menu a persona di tre euro e una birra da mezzo litro a 0,80. Era un classico posto per camionisti, ma ben pulito e tutto l’arredamento nuovissimo… spettacolo! Però in Italia un pasto con un costo così irrisorio non l’ottieni nemmeno se prendi un panino e una bottiglietta d’acqua… Vabbè ne prendiamo atto e proseguiamo. Troviamo posto, nell’hotel Hrabovo, Ružomberok due stelle, sulle montagne slovacche, patria di biker (in estate), tanto che salendo al piano della nostra camera… la signora alla reception (che tra l’altro non parlava nemmeno una parola d’inglese)… prova a scusarsi per il fango lasciato dai biker che si portavano le mountain bike fin sul pianerottolo. La situazione, il balcone della nostra stanza, il basso prezzo (€ 22,70 in due), e molto altro… ci ha riportato subito alle tragedie del film “Hostel”, ambientato proprio in Slovacchia.
Il giorno dopo alle dieci di mattina con calma, ripartiamo dalle montagne slovacche diretti in Polonia, dove arriviamo nel primo pomeriggio a Cracovia, all’hotel Secesja (www.hotelsecesja.pl), ubicato nel quartiere Kazimierz, dove si possono raggiungere a piedi le principali attrazioni turistiche, realmente in centro. Dopo aver preso possesso della camera, scendiamo e cominciamo a girare per Cracovia. Passiamo davanti alla Chiesa di Bernardino da Siena, per dirigerci verso l’imponente Castello di Wawel, in mattoni d’argilla rossa, sulla collina situata sulla riva sinistra del fiume Vistola. Ci spostiamo fuori dal centro, per vedere lo stadio Miejski, dove gioca il Wisła Kraków e una delle sedi dei ben momenti appena passati all’europeo di calcio con la nazionale italiana. Invece, ritornando al centro storico, ci imbattiamo nel bell’edificio “Casa del globo”, costruito nel 1904-1906 come sede della Camera di Commercio e Industria. È uno dei più interessanti esempi della prima architettura modernista, a due piani, in mattoni, con una torre dell’orologio ad angolo, che copre la piramide sormontata da un globo.
Dalla “Casa del globo” in via Długa, prendiamo la bella strada Pijarska che segna il confine settentrionale del centro storico di Cracovia, iniziando con la Chiesa della Trasfigurazione per continuare con il magnifico arco fino all’interessante Barbacane. Delle antiche mura cittadine è rimasto poco, oltre al Barbacane (una torre difensiva che un tempo faceva parte delle mura, nei pressi della Porta Floriańska). Cracovia (in polacco Kraków) è stato ed è un grande centro commerciale e industriale (stoffe, pelli, macchine agricole, cartiere, editoria) e un importante nodo ferroviario. Le attrazioni dello Stare Miasto comprendono la Piazza del Mercato, in polacco Rynek Główny (la più grande piazza medievale dell’Europa) e numerose chiese tra cui la Basilica di Santa Maria, la Chiesa di San Wojciech ed altri tesori tipo il Palazzo del tessuto (attualmente ospita negozi e ristoranti), il Municipio a torre, etc.
Prendiamo via Florianska che ci conduce nella centrale Piazza del Mercato, con il Sukiennice (il Palazzo del tessuto di epoca rinascimentale (XV secolo) dove una volta s’intrecciavano le trame mercantili internazionali che giungevano in Polonia: i mercanti qui s’incontravano, discutevano di affari e barattavano o compra-vendenvano merci). Altro edificio della piazza di particolare prominenza è la Torre del Municipio (Wieża ratuszowa) di 70 metri in mattonatura e in stile gotico, unica parte rimasta dell’antico Municipio demolito nel 1820 e che conteneva, tra le varie stanze, delle camere di tortura medievali. Nella piazza in concreto ogni casa circostante è d’interesse architettonico, essendo tutte kamienica, case in mattoni del XV secolo. Nella stessa Piazza del Mercato, è situata la piccola e pregevole Chiesa di Sant’Adalberto che con circa mille anni di storia è una delle più antiche chiese in pietra erette in tutta la Polonia e la Chiesa di Santa Maria del XiV secolo. Nella piazza si concentra la vita della città e le vie si dipartono ortogonalmente da ogni lato creando una caratteristica scacchiera di edifici, racchiusa in passato da mura di difesa.
Nel pomeriggio dalla piazza del mercato, ci rechiamo verso il Kazimierz, un quartiere storico di Cracovia, noto per essere stato il centro della comunità ebraica della città dal XIV secolo fino alla seconda guerra mondiale. Kazimierz fu fondata come città separata da Casimiro III di Polonia nel 1335, e in seguito fu chiamata proprio come il re, fu principalmente una città mercantile competitore con la vicina capitale. Proprio in questo quartiere è stato girato Schindler’s List di Spielberg nel 1993. Ci fermiamo, in una birreria proprio davanti alla vecchia sinagoga, un fantastico esempio di architettura sacra giudaica ed è la più grande struttura del genere in Europa. Dove, le Fiat 126 sono ancora “vive e vegete”, vengono usate come mezzo di trasporto da giovani guide turistiche. In tarda sera, per cena, sostiamo in zona al Ristorante Dawno temu na kazimierzu (www.dawnotemu.nakazimierzu.pl), ristorante ebraico posto in un angolo della piazzetta, dove si trovano anche il cimitero ebraico e la sinagoga. Il nome impronunciabile significa “c’era una volta a Kaziemierz”, i posti a sedere non sono tanti e gli arredi caratteristici: tavolacci di legno e foto alle pareti, oggetti di uso comune e grandi barattoli con all’interno verdure conservate di ogni genere. Non c’è una grosssa quantita di piatti ma sono gustosi e molto economici.
L’indomani dopo un’abbondante e squisita colazione all’hotel, trovammo una brutta sorpresa. Vuoi che fosse il 17 agosto, o per altri motivi, ma il maggiolone era stato scassinato! Non rubarono nulla, (e potevano benissimo portarsi via: radio, navigatore, ecc) ma senza dubbio ci lasciò disorientati… era solo aperto, ma che stronzi! Costatato che c’era tutto, e prima di far tappa ad Auschwitz, passammo almeno per un veloce giro nel ghetto di Cracovia, che fu costituito ufficialmente il 3 marzo 1941 e installato nel quartiere di Podgórze (non nel quartiere ebraico di Kazimierz), obbligando allo spostamento delle famiglie polacche residenti nelle abitazioni ebree situate fuori dal ghetto. Il Ghetto fu istituito in un’area racchiusa nel giro di poche strade intorno a Piazza Zgody e comprendeva 320 edifici. La piazza era il luogo principale per la deportazione degli ebrei di Cracovia – il “Umschlagplatz”. Qui tutti coloro cui era stato negato il diritto di rimanere nel ghetto furono riuniti nella piazza. Mentre la folla riempiva i carri trainati da cavalli, uomini della Gestapo dal balcone della farmacia “Pod Orłem” (l’Aquila) fotografava gli ebrei, come testimonianza che tutto si svolgesse in modo “umano” e non “disumano”, com’era in realtà. La farmacia, in sé, non fu solo un sito di cure mediche. Per gli abitanti del ghetto chiuso tra le sue mura, ha svolto un ruolo importante come luogo d’incontro e scambio d’informazioni. Nei giorni della deportazione, Pankiewicz (gestore della farmacia che non era Ebreo) e a volte aiutato dal suo collega della farmacia rilasciava sedativi per i bambini e nascondigli fuori dal ghetto, fornendo tinture per capelli agli anziani utilizzate per evitare la deportazione, ecc. Nello stesso quartiere di Podgorze, a Ulica Lipowa 4, oggi come allora è una zona industriale, grigia e triste. L’indirizzo polacco è quello della Fabryka Emalia Oskara Schindlera, la Def, Deutsche Emaillewaren Fabrik. La fabbrica di oggetti smaltati dell’imprenditore tedesco Oskar Schindler, famoso per aver salvato durante la Seconda guerra mondiale, circa 1.100 (secondo altri, come riportato sulla sua lapide, 1.200) ebrei dallo sterminio (Shoah), con il pretesto di impiegarli come personale necessario allo sforzo bellico presso la sua fabbrica.
Passando da un luogo dove il comportamento di una persona fu un miraggio per l’epoca, a un posto invece malinconico, triste, addolorato come quello di Birkenau. La pesantezza saliva notevolmente anche per il tempo grigio e con la pioggerellina impercettibile, il silenzio opprimente o per un gruppo di giovani “ebrei”, venuti per posare un fiore, la bandiera Israeliana, una preghiera o per il ricordo di quelle persone prima di loro… che se non fosse stato per un’idea malsana, probabilmente sarebbero ancora qui o invecchiati secondo natura. Il campo di concentramento ad Auschwitz fu uno dei tre campi principali che formavano il complesso concentrazionario situato nelle vicinanze di Auschwitz (in polacco Oświęcim), in Polonia. Faceva parte del complesso anche il campo di sterminio di Birkenau, situato a Birkenau (in polacco Brzezinka), il campo di lavoro di Monowitz, situato a Monowitz, (in polacco Monowice) e i restanti quarantacinque sottocampi costruiti durante l’occupazione tedesca della Polonia. Il complesso di Birkenau divenne operativo il 7 ottobre 1941, inizialmente come campo per i prigionieri di guerra russi catturati in grande numero durante le prime fasi dell’invasione tedesca. Il campo fu installato presso la cittadina a Brzezinka (in tedesco Birkenau), a circa 3 km dal campo Auschwitz. Il luogo fu selezionato per la vicinanza della linea ferroviaria che avrebbe semplificato le operazioni logistiche per le previste grandi deportazioni successive. Era il Vernichtungslager (campo di sterminio). Era l’immenso lager nel quale persero la vita oltre un milione e centomila persone, in stragrande maggioranza ebrei, russi, polacchi e zingari. Le vittime erano condotte alle camere a gas immediatamente dopo la tipica selezione degli inabili al lavoro agli arrivi dei convogli. Il complesso dei campi di Auschwitz svolse un ruolo fondamentale nei progetti di “soluzione finale del problema ebraico” – eufemismo con il quale i nazisti indicarono lo sterminio degli ebrei (nel campo, tuttavia, trovarono la morte anche molte altre categorie d’internati) – divenendo rapidamente il più grande ed efficiente centro di sterminio nazista.
Riprendiamo l’itinerario da Auschwitz, verso la Repubblica Ceca, ma con sosta già programmata a Kłodzko, cittadina sudoccidentale della Polonia, a pochi Km dal confine, e dove i sali e scendi con vasti territori coltivati della falsa pianura polacca sono stati una piacevole rivelazione. Incrociamo tra le altre cose un “rottamaio” caratteristico con moto appese ovunque, e piccoli laboratori che producevano dei bei manufatti di legno (ricordo bene, un lavoro di legno di una tenda “stile lappone” di almeno 3-4 metri). Troviamo alloggio nel bell’hotel Willa Klodzko-Zacisze (www.klodzko-zacisze.pl), con una delle poche camere a piano terra che abbiamo avuto e dove nel cortile erano presenti due mezzi militari cechi. Arrivando nel tardo pomeriggio, preferiamo recuperare le forze per poi uscire a cena. Sembrava molto più semplice trovare un ristorante, ma sbagliavamo. Un caso curioso è che qui pensano di sapere tutte le lingue, ma in realtà non ne sanno nemmeno una. Al primo ristorante, domandiamo se possibile cenare, ma ci risponde se parliamo inglese, e nel nostro “perfetto inglese”, chiediamo se è possibile mangiare qualcosina, ma fanno finta di non capire… è vero che stava già pulendo, ma allora perché non dirci semplicemente, che stai chiudendo? Vai a capire. In un altro, che poi si rivelerà una cosa inaspettata, oltre all’inglese, chiedono se parliamo il tedesco, e allora pollo esprime due, tre parole in tedesco, ma non capisce… scegliamo un piatto di pesce “panga” (sarebbe una sotto-specie di pesce gatto). Forse l’unica cosa che aveva e sembrava un po’ accattivante. A parte questo, il ristorante “Oregano”, è un bell’ambiente… e a parte le incomprensioni linguistiche si mangia anche bene e a buon prezzo. Il giorno dopo durante la colazione in hotel, la signora con un discreto italiano si avvicina, e ci afferma di aver preparato una specie di caprese, ma non ci permettiamo nemmeno di poter paragonare la sua mozzarella con quella italiana… gentilissima signora. Dopo un’abbondantecolazione, conosciamo meglio la cittadina che ci ha ospitato questa notte, per poi ripartire per Praga, che dista un 200 Km (ma molti su strada scorrevole e velocemente raggiungibile).
Arriviamo a Praga (in ceco Praha) intorno alle quattordici all’Hotel Waldstein, che si trova nella parte più attraente di Praga, a pochi passi dal Ponte Carlo, Piazza della Città Vecchia e circondato da Castello di Praga. (www.hotelwaldstein.cz). Per continuare la serie delle “figuracce”, appena parcheggiato un “ausiliare del traffico” (o qualcuno del genere), ci intimidisce con lo sguardo (poiché il parcheggio è solo per residenti o qualcosa di simile)… sbagliamo l’hotel, perché proprio davanti al parcheggio c’è un bell’edificio, anche questo hotel, con l’insegna che dice proprio “Hotel Waldstein”, ma a quanto pare, è una vecchia insegna che andrebbe tolta. Di fatto, noi abbiamo prenotato per due notti all’hotel che rimane in concreto dietro in una piazzetta chiusa… comunque, prendiamo possesso della camera e per nostra fortuna, è al piano terra. Lasciamo il maggiolone, parcheggiato davanti all’hotel, anche se in teoria non si potrebbe, ma “pagando” ci dicono che nessuno ti farebbe la multa o peggio ti metterebbe le ganasce, (tutto il mondo è paese secondo noi, c’è aria di mazzetta alla polizia locale… anche perché tutta la zona è soggetta a controlli ferrei, visto la vicinanza del parlamento e senato della Repubblica Ceca). Ad ogni modo, tutto ciò non ha impedito che trafugassero il tappo del gpl (o LPG, come abbiamo imparato a conoscere durante questo viaggio).
Mala Strana, quartiere piccolo e dove alleggiamo, che colpisce per la bellezza dei suoi edifici e giardini barocchi che sono rimasti intatti negli anni, rimanda il suo nome al 1300 quando il susseguirsi di guerre spinse gli abitanti ad abbandonare questa zona per insediarsi nella Città nuova. In seguito con l’arrivo di artisti e architetti italiani la Mala Strana ha cominciato ad assumere l’aspetto barocco e rinascimentale che conosciamo oggi e che si conserva in una sorta d’immobilità, quasi fosse fuori dal tempo. Esempio è il Palazzo Wallenstein, il più grande palazzo di Praga. Le menti che l’hanno progettato sono tutte italiane (Spezza, Sebregondi e Pieroni); oggi è sede del senato Ceco.
Praga ha una piccola isola che si trova in Malà Strana, a sinistra del fiume Moldava, si trova l’Isola di Kampa che nasce da un piccolo canale chiamato “Canale del Diavolo” (Čertovka) e utilizzato anticamente dagli abitanti per lavare i propri indumenti e per far girare i mulini. Subito dopo il Mulino del Gran Maestro, il corso scompare sotto un ponticello tra i piloni del ponte Carlo e da lì scorre tra due file di case, tanto che la zona è stata soprannominata “la Venezia di Praga”.
Siamo vicinissimi a Piazza Malà Strana (Malostranske Namesti), il centro del quartiere. La leggera pendenza della piazza dà inizio alla salita che porta alla Via Nerudova, quindi al Castello di Praga. La Piazza è splendidamente circondata da un alternarsi di palazzi barocchi e rinascimentali perfettamente conservati e si sviluppa intorno alla Chiesa di San Nicola (essa non deve essere confusa con l’omonima situata nella Città Vecchia, che vedremo in seguito) che la divide in due unità distinte. Al centro della Piazza c’è la Colonna della Vergine, detta della Peste costruita nel 1715 per commemorare la fine della peste che tra il 1713-14 decimò gran parte della popolazione praghese. Le strade e l’architettura di questa splendida città gotica riflettono la sua storia colorita. Fra le molte attrazioni della città ricordiamo il Castello di Praga, il più grande d’Europa, la Basilica di San Giorgio, il Vecchio Municipio e la Piazza di San Venceslao. Hradčany, quartiere che circonda il complesso del Castello di Praga nel 12 febbraio 1784 entrò a far parte della Grande Praga (ceco: Královské hlavní město Praha) con Staré Město, Nové Město e Malá Strana. Hradčany comunemente indica strettamente la zona sulla collina che domina su Malá Strana e sulla Città Vecchia, con il Palazzo Reale, la Cattedrale di San Vito, la Basilica di San Giorgio, i giardini, i palazzi rinascimentali e in stile barocco che i nobili si facevano costruire in prossimità dei luoghi del potere e il Vicolo d’oro.
Il nostro tour della città continua scendendo verso il fiume principale, Moldava, dove s’incontra l’emblema di Praga, il Ponte Carlo, ritratto in tutte le cartoline e foto ricordo dei turisti. Da qui si può ammirare una splendida vista sul castello che domina la città. Il Ponte Carlo (in ceco Karlův Most) è uno storico ponte in pietra che collega il quartiere di Malá Strana con la Città Vecchia, dove siamo diretti. Secondo una leggenda, si dice che all’atto di costruire il ponte, all’impasto della malta furono aggiunti dei tuorli d’uovo, al fine di renderne più solida la struttura. Le due estremità del ponte furono fortificate attraverso la costruzione di due torri ancora ben visibili: la torre del ponte del Piccolo Quartiere con accanto alla Torre di Giuditta e la torre del ponte della Città Vecchia.

La Città Vecchia (Staré Město) che raggiungiamo dopo aver attraversato il Ponte Carlo è un quartiere chiuso al traffico (a eccezione di alcune carrozze a cavallo) e circondata da edifici storici, con il suo centro la piazza della Città Vecchia (Staroměstské náměstí). Incontriamo prima l’attuale Hard Rock Cafe, nel bel palazzo decorato “U Rotta” in Malé náměstí per poi apprezzare poco oltre la musica alle cinque di pomeriggio del trombettista dal Municipio della Città Vecchia. Verosimilmente questo avviene nella parte più alta dell’Orologio Astronomico in ceco Staroměstský Orloj. È un orologio di epoca medioevale, montato sul lato sud del municipio della Città Vecchia. Il meccanismo è composto di tre elementi principali: il quadrante astronomico, sul quale, oltre all’ora, sono rappresentate le posizioni in cielo del Sole e della Luna, insieme con altre informazioni astronomiche; il “Corteo degli Apostoli”, un meccanismo che, allo scoccare di ogni ora, mette in movimento delle figure rappresentanti i dodici Apostoli; e un quadrante inferiore composto di dodici medaglioni raffiguranti i mesi dell’anno.
Oggi come ieri, la piazza Staroměstské náměstí è uno dei luoghi turistici più apprezzabili di Praga. Infatti, su di essa si affacciano numerosi edifici importanti: la Chiesa di San Nicola, Palazzo Kinský, la Chiesa di Santa Maria di Týn oltre al già visto e rivisto Municipio della Città Vecchia con il suo famoso orologio astronomico. Oltre a questa serie di edifici, vi sono numerose case romaniche e gotiche, con affascinanti decorazioni. Al centro della piazza si trova il monumento dedicato a Jan Hus (teologo e riformatore religioso boemo, scomunicato dalla chiesa cattolica e bruciato sul rogo), posto nella piazza in occasione del 500º anniversario della morte. Sul lato sud e ovest si affacciano edifici in stile barocco, oltre a molte altre pittoresche case d’epoca.

Usciamo dalla città vecchia, attraverso la Porta delle Polveri costruita nel XI secolo e, a quell’epoca, era una delle tredici porte che circondavano il centro della città di Praga. Una volta era utilizzata come deposito della polvere da sparo, da qui prende il nome, tutt’ora. Trascinandoci, proprio fisicamente, all’interno della Città Nuova (Nové Město) che quando 600 anni fa fu edificata, fu concepita come principale centro commerciale di Praga, ancora oggi questa rimane la sua principale caratteristica. Vi si trovano numerose aziende, hotel, banche ma anche grandi magazzini, boutique e alcuni piccoli centri commerciali. Nové město è anche ricca di cultura con i suoi molti teatri, cinema, musei. Sicuramente, Piazza Venceslao con il “Museo Nazionale” è l’indaffarato centro di Nové město e con il suo lunghissimo viale Václavské náměstí finendo con l’incrocio di Na příkopě, insieme al viale Národní sono i due viali che non vi dovreste perdere e che segnano il confine tra Città Nuova e Città Vecchia. Nel centro della città nuova s’incontra un sorprendente edificio realizzato negli anni 90 su progetto di Frank O. Gerhy, la “casa danzante” consacrata alla coppia del ballo formata da Ginger Rogers e Fred Astaire. La struttura è formata da due edifici che sembrano quasi sfidare la legge dell’armonia architettonica, infatti, la casa sembra piegarsi in un passo di danza creando un effetto visivo inimmaginabile.
Diciotto sera, dopo un giro immenso per Praga, la sosta per cena la facciamo non lontano dal nostro hotel, anzi in concreto nella via accanto. Ceniamo nel piccolo ma confortevole e impronunciabile “Hostinec U Tří Zlatých Trojek” al numero sei di Tomášská con menu tipicamente ceco. Ci sposteremo verso la città vecchia per qualche birra… mentre l’indomani, come stabilito da entrambi la sera precedente, andiamo “su per monti”, allo stadio Letná dell’Athletic Club Sparta Praha fotbal, noto in Europa semplicemente come Sparta Praha. Un bel e buon posto, che vorremmo segnalarvi per un ottimo pranzo, sempre della cucina ceca è il ristorante “U Jelínka” (wwww.ujelinka.wz.cz) in piazza Betlemme (Betlémském náměstí, 11) all’interno del quartiere ebraico. C’eravamo fermati il diciannove tarda mattina solo per una birra e un meritato riposo, ma si decise di pranzare e col senno di poi, ben fatto!
Sui fatti del 20 agosto 2012, andrebbe scritto se non un libro a parte, poco ci manca. Partiti da Praga, dopo mezzogiorno, arriviamo a Plzeň intorno alle 14, ma nemmeno il tempo di entrare in hotel, il maggiolone che tanto ci aveva sostenuto per questi km, ci abbandona… nel vero senso della parola… Usciti dall’autostrada Praga- Plzeň, al primo semaforo il maggiolone si spegne (può capitare), ma il problema che fa fatica a ripartire, e quando lo fa è con un rumore sordo e cupo. Il maggiolone, arriva a singhiozzo nella via accanto all’entrata dell’hotel. Proviamo inizialmente a farlo ripartire con qualsiasi modo ma nulla da fare… Decidiamo di andare a prendere la camera all’Hotel Bayer (www.hotelbayer.cz), dove esponiamo il problema della macchina alla signora Lorenz, che insieme a suo marito Jan Lorenz, saranno i nostri personali angeli custodi. Prendiamo le chiavi della camera, scendiamo per le borse e il maggiolone… proviamo e riproviamo più volte, ma nulla… dopo che dall’hotel ci chiamavano sul cellulare, decidiamo di spingere il maggiolone al parcheggio interno… arrivati al portone, ci rassegniamo e il sig. Jan, ci aiuta a trainarlo con il suo piccolo fuoristrada. Nel pomeriggio inoltrato, verranno due meccanici segnalateci dai proprietari dell’hotel (anzi la signora Lorenz, ci rassicura che questi ragazzi di sua conoscenza hanno avuto in passato vari maggioloni e/o auto di quell’epoca), in nostro soccorso, portando via il maggiolone, ecc. L’idea iniziale era di andare a visitare la fabbrica della birra Pilsner Urquell (infatti, la città della prima birra lager al mondo ha sicuramente giovato a quest’antica località della Boemia Ceca). Tuttavia, Plzeň meglio conosciuta anche con il nome tedesco di Pilsen, nel suo complesso, merita una visita ben più calibrata di una semplice e frettolosa bevuta. Sono da non perdere l’elegante architettura urbana, le campagne e non ultima, la sua storia, ma il poco tempo rimasto, dopo questi eventi… ci ha portato a visitare ben poco. L’esterno della fabbrica, lo stadio del Viktoria Plzeň (non lontano dalla Pilsner Urquell) e il piacevole centro storico, dominato dalla lunga e sottile Torre della cattedrale gotica di San Bartolomeo, che con i suoi oltre 102 metri rimane la guglia più alta di tutte le chiese della Boemia. Anche la piazza della chiesa, nám. Republiky, la principale della città, è la seconda più grande della Boemia. Molti gli edifici da ammirare lungo il suo perimetro: tra questi il Municipio, costruito tra il 1554 e il 1559 situato nella parte nord della piazza ed è assolutamente da non perdere per le sue decorazioni. Appena fuori dal centro storico è da non perdere la Grande Sinagoga (la seconda più grande di tutta Europa, dopo di quella di Budapest, e la terza nel mondo; la prima essendo di Gerusalemme), impressionante dominatrice di tutto il panorama di Pilsen. A soli due minuti a piedi troviamo il teatro di K.K. Tyl, costruito alla fine del XIX secolo. Eppure quello che ci colpì su tutto, fu la tradizionale trattoria “Šenk Na Parkánu” in un edificio con una storia ricca non solo di birra. Il pub è speciale perché è anche l’unico col diritto di produrre la birra. Dopo cena, ci fermiamo nella piazza centrale, per berci un’altra birra (visto le poche già bevute, o più verosimilmente per “smaltire” lo spropositato e buono stinco di maiale cotto nella birra).
Il giorno dopo (21 agosto), il maggiolone ce l’hanno restituito, il problema che ha avuto tra mezze frasi in inglese, italiano e gesti … alla fine non si è ben capito. Pollo, ha pagato per il disturbo, e probabilmente nemmeno un pezzo cambiato, 2500 CZK (poco più di 100 euro), beh né troppi né poco, ma poiché non si capiva quale fosse il problema… va bene così. Lasciamo una piccolissima mancia al sig. Lorenz, che tanto
è stato gentile (avremmo voluto lasciare di più, ma avevamo finito le corone)… Siamo pronti per tornare in Italia, spezzando il viaggio a Monaco di Baviera… Ebbene sì, il maggiolone alla fine è arrivato, anche qua… abbiamo preso hotel abbastanza in centro e ceniamo ovviamente all’HB (anzi Pollo, si fa letteralmente scacciare dalla security del locale, giacché mezzanotte). Il sonno procede bene, con 3 litri di birra e una bella mangiata, ma già alle sette siamo svegli, perché in strada, fuori dall’hotel si mettono a far chiasso… ma anche in agosto questi tedeschi lavorano così presto, è mai possibile?! Arriviamo in Italia intorno alle diciassette del 22 agosto, dopo 2675 km elettrizzanti, davvero! Provare per credere!!!
